Diabolik conquista la Milan Games Week & Cartoomics 2025!
Dal 28 al 30 novembre, Milano è diventata la capitale del gaming e dei fumetti: videogiochi, cosplay, K-pop e grandi ospiti internazionali hanno animato la fiera.
Tra gli stand più amati? Quello di Diabolik, con anteprime esclusive, la mitica Jaguar e incontri con gli autori!
Se pensavate che Milano fosse solo moda, aperitivi e design, questo weekend vi ha smentito clamorosamente. Dal 28 al 30 novembre, la città si è trasformata nella capitale europea della cultura pop grazie alla Milan Games Week & Cartoomics 2025. Un evento che ha riunito gamer, nerd, otaku, artisti e curiosi in un unico grande universo parallelo fatto di videogiochi, fumetti, manga, cinema, cosplay e K-pop. Insomma, se non avete visto almeno un Pikachu gigante o un Darth Vader in metropolitana, forse non eravate davvero a Milano.
Il tema: OnLife – quando reale e digitale si fondono
Quest’anno il filo conduttore è stato “OnLife”, un concetto che racconta la fusione tra vita reale e digitale. Non più due mondi separati, ma un unico ecosistema dove il confine tra online e offline è sempre più sottile. E a giudicare dai padiglioni pieni di schermi, luci e realtà virtuale, possiamo dire che il futuro è già qui… e ha un joystick in mano.
Ospiti da urlo (e da selfie)
Sul Central Stage si sono alternati protagonisti che hanno fatto la storia del gaming e del fumetto:
Hitoshi Sakimoto, il compositore che ha dato vita alle colonne sonore dei JRPG più amati.
Rob Wiethoff e Roger Clark, le voci dietro John Marston e Arthur Morgan di Red Dead Redemption.
Brian Michael Bendis, il creatore di Miles Morales, pronto a raccontare come si inventa un supereroe.
Per gli amanti dei manga, Peach Momoko e gli autori di Pokémon hanno dispensato autografi e consigli.
Insomma, un parterre che ha fatto impazzire i fan e riempito le gallerie di selfie.
Anteprime e sfide epiche
Le grandi case non hanno deluso:
Nintendo ha presentato le novità di Switch 2, tra cui Metroid Prime 4: Beyond e una versione di Elden Ring che promette di farci morire (virtualmente) in 4K e 120 fps.
Capcom ha mostrato demo di Resident Evil Requiem e Monster Hunter Stories 3.
E per chi ama correre, Opel ha portato la Corsa GSE Vision Gran Turismo, un bolide elettrico da 800 CV che, per fortuna, si poteva guidare solo su Gran Turismo 7 (altrimenti addio tangenziali).
Diabolik: il re del crimine conquista Cartoomics
Tra gli stand più iconici di questa edizione non poteva mancare Astorina, la storica casa editrice di Diabolik. Il loro spazio, situato al Padiglione 14 – Stand C42/D27, è stato un vero paradiso per i fan del “cattivo più bello del fumetto italiano”.
Cosa c’era di speciale?
Anteprima esclusiva del volume Diabolik – Italia, che meraviglia!, realizzato in collaborazione con il Ministero degli Esteri. Dieci storie brevi ambientate in città simbolo del nostro Paese (Milano, Venezia, Roma, Matera, Napoli), firmate da autori come Tito Faraci, Mario Gomboli, Giuseppe Camuncoli, Silvia Ziche e altri grandi nomi.
Mostra dedicata alle tavole del volume, arricchita dalla presenza della Jaguar E-Type nera, la stessa usata nei film dei Manetti Bros.
Kalendario 2026 – variant cover, disponibile in anteprima per i collezionisti.
Firmacopie e incontri con gli autori: tra gli appuntamenti più attesi, quello di venerdì 28 novembre alle 17:30 sul palco Hero, con Mario Gomboli e i principali artisti del progetto.
Presenza di grandi firme come Luca Bertelè, Riccardo Nunziati, Stefania Caretta, Silvia Ziche e Maurizio Rosenzweig, pronti a incontrare i fan e raccontare curiosità sul mondo di Diabolik.
Mario Gomboli, direttore generale di Astorina, ha ribadito un concetto chiave: «Diabolik è eterno, resiste perfino alle edicole chiuse. Lo vedrete in giro ancora a lungo». Una dichiarazione che conferma come il personaggio creato dalle sorelle Giussani nel 1962 continui a evolversi senza perdere il suo fascino.
Cosplay, K-pop e Stranger Things
Non solo videogiochi: la fiera è stata un tripudio di cosplay, con Batman che prende il tram e Sailor Moon in fila per il panino. Spazio anche alla musica con concerti K-pop e aree immersive dedicate a serie cult come Stranger Things. Per i più creativi, workshop di disegno e incontri con artisti hanno reso l’esperienza ancora più ricca.
5 curiosità che (forse) non sapete
Il padiglione dedicato al retrogaming ha visto code infinite per provare il mitico Commodore 64.
Il cosplay più fotografato? Un Geralt di Rivia con spada e… sacchetto di panini.
L’area K-pop ha registrato il record di decibel del weekend (superando persino i tornei eSport).
Il gadget più richiesto? La tazza di The Last of Us con scritta “Clicker Inside”.
Alcuni visitatori hanno confessato di aver speso più in fumetti che in regali di Natale. Priorità, giusto?
Conclusione: Milano, capitale pop
La Milan Games Week & Cartoomics 2025 non è stata solo un evento, ma un vero e proprio fenomeno culturale. Ha dimostrato che la cultura pop non è più “di nicchia”, ma un linguaggio globale che unisce generazioni e passioni. E se vi siete persi tutto questo… beh, preparatevi per il prossimo anno. Nel frattempo, potete sempre consolarvi con un panettone. Ma in versione pixel art, per favore.
LE BORSE IN TELA CHE RACCONTANO IL FUMETTO ITALIANO
L’Associazione Sergio Zaniboni presenta una collezione esclusiva di borse in tela impreziosite dai disegni del maestro del fumetto noir.
Ogni borsa è un omaggio all’arte che ha reso iconici personaggi e atmosfere, trasformando il tratto elegante di Zaniboni in un accessorio unico.
Edizione limitata
Qualità e stile
Un pezzo di storia da portare con te
Per informazioni: assosergiozaniboni@gmail.com
GRANNIES 12# – Arual Jay e il ritratto della bellezza vissuta
Nel mondo che celebra la giovinezza come unico ideale estetico, l’artista Arual Jay, membro dell’associazione Sergio Zaniboni, ci regala una visione potente e controcorrente. Con sei ritratti iperrealistici di donne anziane, la serie GRANNIES 12# celebra la bellezza autentica, la memoria, la resilienza.
Le protagoniste escono dall’inquadratura, sfidano la cornice, si impongono con forza e dignità. Tra loro, Maggie Smith, Rita Levi-Montalcini e Amália Rodrigues diventano icone di maturità, sapere e cultura.
Queste opere non sono solo ritratti: sono manifesti visivi contro l’omologazione, testimonianze vive che parlano al cuore e alla mente.
Nel mondo contemporaneo, dove la giovinezza è spesso celebrata come unico ideale estetico, l’artista Arual Jay propone una visione radicalmente opposta, profondamente umana e coraggiosa. La sua serie GRANNIES 12# è composta da sei ritratti iperrealistici di donne anziane, che diventano protagoniste assolute di un racconto visivo potente e controcorrente. Non sono modelle degli anni ’90, ma donne di novant’anni, ritratte con intensità e rispetto, trasformate in icone di bellezza autentica. Queste opere, realizzate in grafite su carta e incorniciate con cura, sono un manifesto contro l’omologazione estetica e culturale. I volti rappresentati non sono idealizzati, ma segnati dal tempo, dalla vita, dalle esperienze. Le rughe non vengono nascoste, ma esibite con orgoglio, come segni di identità, tracce di memoria, testimonianze di resilienza. Arual Jay non si limita a ritrarre: interroga, provoca, racconta. Ogni volto è un racconto, ogni tratto è una dichiarazione.
Una delle scelte più significative dell’artista è quella compositiva: le teste delle protagoniste escono dall’inquadratura, sfuggono alla cornice, si rifiutano di essere contenute. È una metafora potente dell’impossibilità di racchiudere una vita in un’immagine, di fermare l’identità in un ritratto. Le GRANNIES 12# strabordano, si impongono, si muovono oltre il limite fisico del foglio. Questa scelta formale è anche una presa di posizione contro la rappresentazione tradizionale del ritratto, che tende a congelare il soggetto in una posa, in una forma, in un’idea. Arual Jay rompe questa convenzione, e lo fa per dare spazio alla complessità, alla profondità, alla vitalità delle sue protagoniste. Le sue donne non sono icone immobili, ma presenze vive, che sfidano lo sguardo e lo spazio.
Il ritratto di Maggie Smith, celebre per il ruolo di Lady Violet in Downton Abbey, è uno dei più potenti della serie. Il volto dell’attrice è reso con una precisione quasi fotografica, ma con una profondità che solo la grafite sa restituire. Le rughe, gli sguardi, le ombre: tutto contribuisce a creare un’immagine che è al tempo stesso intima e monumentale. Esposto in diverse città europee, tra cui Torino, Skopje, Bologna e Parigi, questo ritratto ha avuto una forte visibilità internazionale. La sua forza sta nella capacità di trasformare un volto noto in simbolo universale della bellezza matura, della dignità, della presenza scenica che non ha bisogno di artifici. Maggie Smith diventa così non solo un’attrice, ma una figura archetipica, una rappresentazione della grazia che non teme il tempo.
Il ritratto di Rita Levi-Montalcini, intitolato Grannies 12#13 – Rita, è un omaggio alla scienziata Premio Nobel, ma anche alla conoscenza, alla curiosità, alla forza intellettuale. Il volto di Rita è reso con una delicatezza che ne esalta la profondità: ogni ruga è un segno di pensiero, ogni ombra una traccia di memoria. Il disegno non cerca di abbellire, ma di raccontare, di restituire la complessità di una donna che ha fatto della mente il suo strumento di libertà. Esposto a Bologna e Parigi, il ritratto si distingue per la sua composizione fuori dagli schemi. La testa che esce dall’inquadratura suggerisce che Rita Levi-Montalcini non può essere contenuta, né definita da un’immagine. È una figura che trascende il ritratto, diventando icona di un sapere che continua a vivere. In questo lavoro, Arual Jay riesce a fondere il rispetto per la persona con la forza del simbolo, creando un’opera che parla al cuore e alla mente.
Il ritratto Amália de Lisboa è forse il più narrativo della serie. Arual Jay raffigura Amália Rodrigues, regina del fado portoghese, con un volto intenso e raccolto, incorniciato da un velo che si trasforma in paesaggio urbano. Nei suoi capelli scorrono i quartieri di Lisbona, le chitarre del fado, le strade e i monumenti che definiscono l’anima della città. Il busto termina in uno skyline stilizzato, un ponte tra la figura e il territorio, tra la musica e la memoria. L’opera è stata esposta a Lisbona e Genova, dove ha ricevuto il Premio SaturARTE come miglior quadro. Nello stesso anno, Arual Jay ha ricevuto anche il Premio AROUND per le sue esposizioni in tutta Europa. Amalia non è solo un ritratto: è una canzone visiva, un omaggio alla cultura, alla voce, alla terra. È un’opera che canta, che vibra, che racconta.
Con GRANNIES 12#, Arual Jay ci invita a ripensare il concetto di bellezza, a resistere all’omologazione, a celebrare la diversità del vissuto. Queste opere non sono solo ritratti: sono testimonianze, manifesti, poesie visive. In un mondo che ci vuole tutti uguali, Arual Jay ci ricorda che la vera bellezza è quella che racconta una storia. Le sue GRANNIES non sono nostalgiche, né malinconiche. Sono fiere, presenti, potenti. Sono donne che hanno vissuto, che hanno amato, che hanno pensato. E che ora, grazie all’arte, continuano a parlare.
ARUAL JAY: Quando l’arte rompe le catene dell’identità nascosta
ARUAL JAY nasce nel 2012, ma viveva da sempre. Una voce creativa rimasta in silenzio troppo a lungo, ora esplode in opere che parlano di introspezione, contrasti e libertà.
Cornici barocche, paesaggi gotici, simboli potenti: ogni creazione è un racconto visivo che sfida le convenzioni e celebra l’autenticità.
ARUAL JAY è la prova che l’arte trova sempre la sua strada. Anche quando è rimasta nascosta per anni.
Arual Jay non è solo un nome d’arte: è una dichiarazione di libertà. È il grido silenzioso di una creatività rimasta a lungo imprigionata sotto il peso delle aspettative sociali, dei “lavori seri”, dei sogni messi da parte. Nata ufficialmente nel 2012, Arual Jay esisteva da sempre, come una scintilla pronta a divampare. E quando finalmente ha trovato la forza di emergere, ha portato con sé un mondo interiore ricco di contrasti, simboli e visioni potenti.
La prima “mostra” di Arual risale a quando aveva appena due anni: le tende della nonna divennero la sua tela, il fratello il suo primo fan, la critica domestica… meno entusiasta. Da quel momento, il percorso artistico non fu lineare. Gli studi in ambito creativo non vennero incoraggiati, ma la passione non si spense. Arual si fece autodidatta, esplorando tecniche e materiali con una curiosità instancabile: olio, matita, tessuti, oggetti trovati. Ogni mezzo era valido per dare forma a ciò che le parole non riuscivano a dire.
La svolta arriva quando Arual decide di mostrarsi. Di esporsi, insieme alle sue opere. La prima creazione è un manifesto visivo della sua tensione interiore: una cornice barocca nera, opulenta e quasi soffocante, racchiude un’immagine dai toni caldi, arancio e bruno. Al centro, forme avvolte da drappeggi scuri evocano mistero e profondità. In basso, ossa e un teschio stilizzato dialogano con la vita e la morte. È un’opera che parla di dualità: luce e ombra, bellezza e inquietudine, ordine e caos. La cornice cerca di imprigionare, ma il soggetto centrale resiste, emerge, vive.
Un mondo gotico e ironico
La seconda opera ci porta in un paesaggio gotico, dove case dai tetti spioventi si stagliano contro un cielo verde pallido. Croci, alberi spogli, un cimitero evocato. In primo piano, una figura stringe una zucca intagliata dal sorriso inquietante, simbolo di Halloween. Accanto, un gatto nero completa la scena. I colori – l’arancio brillante, il nero profondo, il verde sfumato – creano un contrasto magnetico. È un’opera che gioca con l’immaginario dark, ma lo trasforma in racconto visivo, dove ironia e inquietudine convivono.